Crescono i depositi sui conti correnti e cresce contestualmente, ma non proporzionalmente, il risparmio gestito. Questo è un classico segnale di “bolla” e le bolle sono destinate per natura ad esplodere.
Che cos’è una bolla speculativa? La bolla speculativa in economia è una fase di mercato caratterizzata da un aumento considerevole e ingiustificato dei prezzi di uno o più beni, dovuto a una crescita economicamente non giustificabile della domanda.
Di base si nomina la “bolla speculativa” riferendosi ai mercati finanziari. Tuttavia la storia delle bolle speculative mostra come siano stati frequenti i casi di bolle che hanno riguardato beni materiali, come gli immobili. Alla fase di nascita e di crescita della bolla segue poi la fase di “scoppio” che tende a ripristinare i valori originari del bene in questione.
In “psicologia dell’investitore” si elabora questo tipo di riflessione: il detentore di risparmi teme la volatilità del mercato azionario e quindi tende a investire in quello obbligazionario e specificatamente in quello dei titoli di Stato.
Di fatto però, tolte le spese e le tasse, il rendimento dei titoli di Stato è ormai nullo o negativo, di conseguenza la scelta della maggior parte dei risparmiatori è di lasciare il denaro in deposito sui conti correnti dove non rendono nulla ma di sicuro non diminuiscono. Qualcuno particolarmente audace in questo periodo di timori indotti dalla crisi crescente, adotta la pratica di affidarsi al risparmio gestito dove s’intravede la possibilità di guadagnare qualcosa affidandosi a una gestione professionale.
Però la paura del risparmiatore rimane, e si cerca di mitigarla tempestando di domande il Promotore o il Consulente circa il destino dei propri risparmi una volta affidati alla “società di gestione”.
La domanda più ovvia è quella di assicurarsi sul rischio che si corre, considerando che il mercato azionario è appetitoso ma troppo rischioso e quello obbligazionario poco remunerativo cui si aggiungono i costi della società di gestione che non è certo una società di beneficenza.
La risposta che riceverà il risparmiatore sarà quella che il gestore professionista investirà seguendo la strategia della flessibilità. Che vuol dire?
E’ subito spiegato, “flessibile” vuol dire che il gestore quando il mercato azionario salirà sarà pronto ad approfittarne, mentre nei momenti di storno sarà cauto e liquido. In buona sostanza non vuol dire niente, è la logica astringente che giustifica i costi di gestione, bisogna vedere se questo sia possibile nella realtà, e allora saremmo tutti ricchi!
Sappiamo, però che per guadagnare qualcuno deve perdere altrimenti non c’è scambio! E chi può assicurare il risparmiatore che non sia proprio lui il perdente di turno?
Detto questo, la realtà è che il “gestore professionale” valuta qual è la propensione al rischio dell’investitore medio e si posiziona su quel livello. Poiché l’italiano medio ha il 25/30% investito in azioni e il 70/75% in titoli obbligazionari o di Stato, quello sarà il grado di rischio al quale si stabilizzerà.
Premesso che ci sono gestori particolarmente capaci, a danno di altri meno esperti, la questione che interessa la nostra argomentazione è che il risparmiatore si rivolge a un gestore o lascia i soldi in conto corrente perché cede o trasferisce l’ansia, e l’ansia è indotta dalla paura, e più c’è ansia e paura e più crescono i depositi e il risparmio gestito, oltretutto crescono proporzionalmente al volume di crisi percepito. Ergo, questa crescita è una bolla!
La reazione, assolutamente naturale, quindi, è di chiudersi in se stessi (tenere i soldi sul conto corrente), o delegare altri (affidarsi ai “gestori professionali”).
In conclusione, l’aumento di giacenze disegna una pericolosa bolla, e le bolle sono destinate a scoppiare.